L’emogasanalisi è la valutazione della concentrazione dei gas disciolti nel sangue, ovvero l’ossigeno e l’anidride carbonica. Si tratta di un esame molto importante per la valutazione dei pazienti, perché permette di valutare l’equilibrio respiratorio e biochimico globale dell’organismo. Per l’analisi solitamente è necessario il prelievo di un campione di sangue arterioso, tramite la puntura di un’arteria periferica; tuttavia in alcuni casi è utile anche il più comune campione di sangue venoso. L’ emogasanalisi richiede solo una piccola quantità di sangue, in genere uno o due millilitri. In particolare nel caso del campionamento arterioso i principali siti di prelievo sono a livello del polso (arteria radiale), gomito (arteria brachiale), piede (arteria pedidia) e coscia (arteria femorale). I siti di prelievo più comunemente impiegati, sia per sicurezza che per praticità, sono l’arteria radiale e pedidia, solo in alcuni casi selezionati vengono impiegati gli altri due siti di prelievo. L’emogasanalisi non svela solo i livelli dei gas disciolti nel sangue, ma ci permette tra l’altro di studiare il livello di acidità del sangue ovvero il pH, i principali elettroliti ed il lavoro svolto dal rene. Dunque un libro aperto sul magico equilibrio biochimico del corpo umano.
Come si esegue il prelievo per l’emogasanalisi?
Per il prelievo è necessaria una particolare siringa contenete all’interno l’eparina; si tratta di un farmaco anticoagulante comunemente usato nella pratica medica ed in questo caso serve a prevenire la coagulazione del sangue proprio all’interno della siringa. Nel caso del prelievo a livello dell’arteria radiale l’operatore, di solito un medico specialista in pneumologia, prima di procedere dovrebbe eseguire il test di Allen. Una semplice prova la cui storia ci porta agli inizi del XIX secolo.
Il Test di Allen: un’invenzione sempre attuale
Il test o prova di Allen serve per valutare la pervietà delle arterie della mano, ovvero l’arteria radiale e l’arteria ulnare. Con la mano del paziente chiusa a pugno, l’operatore esegue una compressione digitale ai due lati del polso, ovvero a livello delle due arterie da controllare. Viene dunque tolta la pressione a livello dell’arteria ulnare, e se la mano del paziente ritorna rosea entro 10 secondi il test di Allen conferma la validità della circolazione arteriosa; quindi si può procedere in sicurezza nella puntura della arteria radiale. Secondo gli storici della medicina il test di Allen porta il nome del medico statunitense Edgar Van Nuys Allen (1900 – 1961): specialista in cardiologia e professore di Medicina alla Mayo Clinic di Rochester, ha dedicato tra l’altro la sua professione allo studio delle patologie dei vasi sanguigni. Eseguita dunque questa prova clinica, un’eredità sempre attuale della storia medica, si può procedere finalmente all’esecuzione dell’emogasanalisi arteriosa.
L’emogasanalisi arteriosa passo dopo passo
Durante il prelievo di sangue arterioso il paziente non deve eseguire alcuna azione particolare, ma semplicemente continuare a respirare normalmente. Per rendere più agevole la procedura durante il prelievo dall’arteria radiale, ovvero dal polso, il medico estenderà delicatamente la mano del paziente così da rendere questo vaso più superficiale e quindi facile da raggiungere. L’aghetto della siringa è di dimensione del tutto simile a quelle impiegate per il più comune prelievo venoso. Prelevato il sangue questo va analizzato nel più breve tempo possibile, in generale entro 15 minuti, per evitare alterazioni dei risultati. L’emogasanalizzatore, quella speciale macchina che analizza appunto gli emogas, mostra al medico diversi numeri e dati che rispecchiano in sintesi l’ossigenazione dell’organismo, la ventilazione, l’equilibrio biochimico, gli elettroliti nel sangue e tanto altro ancora.
Ossigenazione e ventilazione: i due volti della respirazione
L’ossigenazione è il passaggio dell’ossigeno dall’aria al sangue, un processo che nel corpo umano avviene nei polmoni, e l’emogasanalisi ci aiuta a studiare questo meccanismo fisiologico attraverso due importanti parametri. Il primo parametro rivelato dall’ emogasanalisi è la Pressione parziale arteriosa di Ossigeno (in sigla PaO2). L’Ossigeno, essendo appunto un gas, è più agevole misurarlo come pressione invece che come quantità. Si tratta comunque di una pressione davvero piccola, misurata in millimetri di mercurio (in sigla mmHg) ma davvero essenziale per la vita. Il valore normale di Pressione arteriosa parziale di Ossigeno nell’organismo è fra gli 95 ed i 100 mmHg, tuttavia con l’età sono considerati nella norma valori più bassi fino a circa 80 mmHg. La Saturazione arteriosa di Ossigeno (in sigla Sao2) è un altro parametro davvero essenziale e rappresenta la quantità di molecole di emoglobina che sono legate all’Ossigeno. Si misura come percentuale, e si considera normale un valore di Saturazione arteriosa di Ossigeno almeno pari al 95%. La Ventilazione invece viene definita come il volume di aria che entra nei polmoni in una certa frazione di tempo, e questa viene studiata con l’emogasanalisi grazie ad un altro parametro: la Pressione parziale arteriosa di Anidride Carbonica (in sigla PaCO2). L’ Anidride carbonica è appunto quel gas che si forma dal consumo di Ossigeno nell’organismo, ed anche in questo caso la sua quantità viene valutata come pressione che normalmente è davvero piccola, circa 40 mmHg. In caso di alterazione della Ventilazione, o per particolari patologie, questo parametro può alterarsi sia aumentando che diminuendo. Le due pressioni di Ossigeno ed Anidride carbonica vengono definite parziali perché, come sottolineato da complessi principi della fisica, concorrono solo “per la loro parte” alla pressione globale dei gas all’interno dei vasi. E Ventilazione ed Ossigenazione sono anch’essi solo una piccola parte di quanto svelato dall’emogasanalisi.
L’equilibrio biochimico ed il gioco degli elettroliti
I processi biologici dell’organismo, perché avvengano correttamente, richiedono un preciso ambiente biochimico caratterizzato tra l’altro da un determinato livello di acidità e che l’emogasanalisi ci permette di controllare. Per quantificare questa acidità in modo più agevole si usa il pH, si tratta di un complesso calcolo matematico basato sul logaritmo. Il pH normale dell’organismo è circa 7.40; un valore più basso viene definito con il termine acidosi, mentre un valore di pH più alto di 7.40 rivela uno stato di alcalosi. Proprio come già suggerito dalla stessa parola, nel caso dell’acidosi avviene un aumento dell’acidità del sangue; mentre nel caso dell’alcalosi succede il contrario. Per scoprire l’origine di questa alterazione deve essere attentamente valutato il valore dei bicarbonati, normalmente di circa 24 milli Equivalenti per litro, quest’ultima una particolare unità di misura utilizzata tipicamente per le molecole che possiedono una carica “elettrica”. Infine l’emogasanalizzatore calcola i valori dei principali elettroliti, come sodio, potassio, cloro e calcio. Una loro alterazione, come anche le variazioni del pH, devono essere attentamente valutate sia per una corretta diagnosi ed anche perché spesso ci permettono di scoprire per tempo una loro alterazione, che talvolta deve essere corretta con urgenza.
L’emogasanalisi: l’interpretazione come quadro d’insieme
I pilastri di una corretta interpretazione di un emogasanalisi prevedono lo studio del pH, dei valori di Ossigeno ed Anidride carbonica, della quantità di bicarbonati ed elettroliti e tanto altro ancora. Il medico, con il suo senso clinico e con l’ausilio di diverse formule oggi di comune utilizzo, può arrivare agevolmente ad una corretta diagnosi e proporre la terapia più appropriata che il caso richiede. Ad esempio l’acidosi e l’alcalosi assumo un significato clinico completamente diverso a seconda di quale alterazione avviene per i bicarbonati oppure per l’anidride carbonica. Lo studio e l’interpretazione dell’emogasanalisi rientra appieno in quell’arte quale è il lavoro del medico.