La fisioterapia per superare i limiti delle bronchiettasie

Il ruolo del paziente è centrale: “Perché non si tratta di curare solo le bronchiettasie, ma della cura della persona con la sua malattia”. Fisioterapisti esperti di Milano e Roma, in un convegno on line, spiegano al pubblico le diverse opportunità per affrontare la malattia.

Migliorare la conoscenza della propria persona”, è questo l’obiettivo più nobile della fisioterapia respiratoria che apprendiamo dalle parole di Marta Lazzeri, fisioterapista dell’Ospedale Niguarda di Milano e presidente dell’Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria (ArIR). Un ampio intervento sul ruolo della fisioterapia nella gestione delle bronchiettasie avvenuto nell’ambito del webinar on line “La voce dei nostri respiri – L’importanza della fisioterapia respiratoria nella gestione delle bronchiettasie”, organizzato nel pomeriggio di martedì 30 giugno dall’Associazione Italiana Bronchiettasie (AIB) insieme all’Associazione Riabilitatori dell’Insufficienza Respiratoria (ArIR). Ha moderato l’incontro Claudia Spina, presidente della Associazione Italiana Bronchiettasie (AIB), mentre le domande del pubblico sono state selezionate dalla giornalista Laura Salonia, vicepresidente della stessa associazione. Hanno partecipato come relatori all’incontro on line fisioterapisti esperti di Milano e Roma, e questo per sottolineare l’importanza della fisioterapia nella gestione di questa particolare malattia respiratoria dove appunto, come spiegato dal presidente di AIB Claudia Spinala fisioterapia è una voce di aiuto per chi ha poca voce, per chi si affatica oppure soffre per la voce interrotta dalla tosse. Si impara così a conoscere il proprio respiro, un pochino di più giorno dopo giorno; è una scoperta non semplice, spesso faticosa e sempre delicata”.

Dal perché della malattia al ruolo della fisioterapia

Le bronchiettasie sono delle alterazioni delle pareti bronchiali che provocano diversi sintomi, come tosse e ristagno di muco” spiega durante il webinar la fisioterapista Marta Lazzeri e così continua “se la situazione evolve si può arrivare ad una limitazione della funzione polmonare che si ripercuote sulla qualità di vita, nello svolgimento delle proprie attività quotidiane, anche professionali.  La terapia medica ha ruolo ed importanza, così come la fisioterapia respiratoria ha appunto il suo spazio. Gli obiettivi della fisioterapia sono la riduzione dei sintomi, come tosse e mancanza di fiato, il sollievo dall’astenia migliorando la capacità di sostenere l’attività fisica”. E prosegue sottolineando che i benefici vanno oltre l’aumento della forza e resistenza fisica, perché è possibile anche “ridurre gli accessi in ospedale per riacutizzazioni della malattia o le richieste di visite mediche”.

Le linee guida internazionali ritagliate sulle necessità del singolo paziente

Prosegue Luigi Graziano, fisioterapista del Policlinico Umberto I di Roma, raccontando come le linee guida del 2017 sulla gestione clinica delle bronchiettasie pubblicate dalla European Respiratory Society sono ancora attuali ma sottolinea come “queste vanno adattate alle necessità specifiche di ciascun paziente”. E continua: “Le bronchiettasie sono alterazioni anatomiche del lume bronchiale, lì avviene un maggior ristagno di secrezioni con il rischio di sviluppare infezioni respiratorie. È importante prevenire proprio le infezioni, per rallentare quel circolo vizioso che determina l’evoluzione della malattia”. E allora Luigi Graziano illustra le diverse opzioni terapeutiche, dalle tecniche di disostruzione bronchiale a speciali giacche vibranti che determinano una pressione positiva sul torace. Spiega che un altro strumento importante è l’areosolterapia: “Ha l’obiettivo di portare il farmaco prescritto dal medico nei polmoni. Perché abbia successo ci sono quattro elementi su cui intervenire: il modo di respirare del paziente, la posizione durante la terapia, la localizzazione del farmaco ovvero se nelle alte o basse vie aeree, l’organizzazione temporale dei vari farmaci”. Ed ancora c’è l’ossigenoterapia, dove il fisioterapista insegna al paziente l’utilizzo dei diversi dispositivi, ma soprattutto non manca l’allenamento all’esercizio fisico, appunto racconta Luigi Graziano come “Nei pazienti con bronchiettasie è molto efficace, ed è orientato all’allenamento di resistenze, forza e mobilità”. Fra i tanti strumenti della fisioterapia, conclude citando ancora un’ulteriore possibilità: “C’è un ramo della riabilitazione che lavora sulle attività per rendere più autonomo il paziente, e si chiama terapia occupazionale. Si occupa ad esempio delle tecniche di conservazione dell’energia, ovvero quelle strategie che vengono insegnate al paziente per fare meno fatica al lavoro o nella vita quotidiana, oppure l’adattamento dell’ambiente domestico e professionale per le particolari esigenze della propria condizione clinica”.

Sostenere il paziente nelle cure: l’aderenza al trattamento

Con il suo intervento Angela Bellofiore, fisioterapista dell’Ospedale Policlinico di Milano, ci spiega come “Uno degli obiettivi della riabilitazione è ottenere l’aderenza al trattamento. Perché seguire i trattamenti porta ad un miglioramento dei sintomi, e dunque si interrompe quel circolo vizioso che porta invece al peggioramento. Nel tempo l’obiettivo è controllare la storia naturale della malattia e migliorare la qualità di vita, avendo così una patologia cronica in uno stato di salute. Invece la scarsa aderenza comporta maggiore rischio di complicanze”. Secondo Angela Bellofiore ci sono diversi fattori che determinano l’aderenza o meno ai trattamenti, ma l’intervento fisioterapico si basa anche su due aspetti fondamentali. Il primo che ci presenta è l’empowerment, traducibile dall’inglese come <consapevolezza di sé stessi>, che vuol dire “Uscire dall’ambulatorio con una serie di competenze che permettono di gestire la malattia. Devono essere informazioni sempre univoche, semplici, comprensibili, rinforzate di volta in volta”. E poi Angela Bellofiore spiega il secondo aspetto, denominato self management, traducibile dall’inglese come <gestione di sé stessi>, ovvero si tratta della “Capacità di risolvere quei problemi che ci si potrebbe trovare a vivere all’improvviso, prendendo delle decisioni di fronte a situazioni come il cambiamento dei sintomi, oppure un loro un peggioramento”. Tutto questo perché il fisioterapista, insieme ai medici ed agli altri operatori sanitari, sostiene il paziente con una visione di ampio raggio: “Perché non si tratta di curare solo le bronchiettasie, ma della cura della persona con la sua malattia”.

La voce dei pazienti fra domande e risposte

La fisioterapista Serena Tammaro, dell’Ospedale Policlinico di Milano, si è dedicata a rispondere alle diverse domande poste dei partecipanti, selezionate dalla giornalista Laura Salonia, vicepresidente di AIB. Ad esempio quale è il momento giusto per eseguire gli esercizi di disostruzione bronchiale? “Si possono eseguire proprio nel momento della giornata quando i sintomi sono più acuti, più invalidanti. Meglio non farli nelle ore più calde della giornata, soprattutto in estate, ed anche a ridosso dei pasti, in quest’ultimo caso per evitare fastidi dovuti alle posture utilizzate”. La fisioterapia può essere utilizzata al bisogno, in base alle necessità del paziente? “La fisioterapia è uno strumento che si può utilizzare appunto anche al bisogno. Anzi il paziente deve essere consapevole che ha a disposizione questo strumento”. Diversi i quesiti riguardo l’attività sportiva, e così Serena Tammaro precisa “Come esercizio fisico è preferibile una attività di tipo aerobico e globale, che alleni il sistema vascolare, polmonare e muscolo scheletrico. Si tratta ad esempio di attività come corsa, tapirulan, cyclette. Tuttavia l’attività deve avere una certa intensità, cioè deve provocare una certa fatica muscolare funzionale proprio all’allenamento”. Dal webinar emerge come le bronchiettasie devono essere affrontate in ambito multidisciplinare, con la guida di medici e fisioterapisti dedicati, ma con il paziente al centro delle proprie cure. Ed è così, nel giusto contesto, che la fisioterapia sostiene il paziente nel dare timbro a quella voce che buon ben superare i limiti del proprio respiro.

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Autore dell'articolo: Fabio Pirracchio