Stefano Pavanello, Presidente dell’Unione Trapiantati Polmone di Padova, ci racconta come è nato l’evento “Not(t)e di Respiri” ed la “Giornata del respiro” che questo weekend del 5 e 6 settembre si sta svolgendo a Forlì. La prossima edizione? “Sarà molto europea”.
Dopo il successo di ieri sera a Forlì per la “Not(t)e dei Respiri, con musiche, poesie e speciali premi agli autori, oggi è invece la “Giornata del respiro”. La città, presso il Salone Comunale di piazza Aurelio Saffi, accoglierà pneumologici, esperti, membri di associazioni per fare il punto sulle cure e speranze per diverse malattie polmonari. Un evento aperto al pubblico e che è possibile seguire anche in diretta, attraverso i canali social di Sharing Breath. La manifestazione è promossa da diverse associazioni di Forlì: Associazione Morgagni Malattie Polmonari, CavaRei Impresa Sociale, Hal 9000 ed il Giardino di Ciliegi, insieme all’Unione Trapiantati Polmone di Padova e da Un Soffio di Speranza di Pistoia.
Chiediamo allora a Stefano Pavanello, Presidente dell’Unione Trapiantati Polmone di Padova, di raccontarci il “dietro le quinte” di questo evento e come è nato. E cosi ci spiega: “L’idea iniziale è nata a Forlì, con Matteo Buccioli dell’Associazione Morgagni Malattie Polmonari insieme ad un gruppo di appassionati di musica. A quel tempo si era deciso di mettere in musica la poesia di un ragazzo affetto da Fibrosi Cistica, che poi è mancato. Da lì l’idea di realizzare un concorso, un progetto che venne subito condiviso con noi. L’idea dell’anno scorso era di trovare una orchestra che potesse suonare questa canzone, e così è stata composta una orchestra di 20 elementi. Nel mese di settembre hanno cantato questa canzone, diretti dal Maestro Sabiu. Un evento dove ci sono state rappresentazioni teatrali, di danza. Il risultato è stato eccellente, piazza stracolma con duemila persone. E allora dovevamo fare la seconda edizione, e così da gennaio abbiamo iniziato ad incontrarci in videoconferenza per comodità”.
Come è nato il nome dell’evento? “Notte con la parentesi diventa Not(t)e, è legato alla musica, e si è deciso di usare questa parola con il doppio significato. Mentre per la conferenza abbiamo pensato che potesse chiamarsi ‘Giornata del respiro’ perché non suonasse troppo tecnico”.
Cosa caratterizza la manifestazione di quest’anno? “Il concorso di quest’anno è stato di raccogliere poesie e testi, e quelle vincenti si sarebbero trasformate in canzoni grazie al Maestro Sabiu ed altri collaboratori che si occupano della parte artistica. Abbiamo raccolto quasi mille testi. Inoltre le migliori cinquanta poesie sono state scelte per comporre un libro, all’inizio l’idea del libro non era prevista. E poi adesso la città di Forlì è tappezzata di cartelloni, che contengono queste poesie; tutte idee che sono venute successivamente”.
Qual è in sintesi il messaggio che volete comunicare? “Con il nostro motto ripetiamo che il respiro è qualcosa che diamo per scontato, ma in realtà non lo è. Sono molti quelli che non sono sufficientemente informati ad avere un polmone funzionante. La mancanza di respiro è una delle cose più brutte che si possono trovare. Quindi è una giornata di riflessione sull’importanza di respiro, ad avere più cura dei propri polmoni. Tra l’altro da gennaio abbiamo iniziato ad organizzare l’evento quando il Covid-19 non era ancora fra di noi. Con il Covid-19 i polmoni ed i problemi polmonari hanno acquistato importanza. Ma ad esempio si parla troppo poco del post Covid-19, che a molti pazienti lascia grossi problemi respiratori”.
Avvertite se c’è sensibilità al vostro messaggio da parte della popolazione? C’è chi è più propenso a capire, c’è chi fa più fatica. Ma già il fatto che la piazza fosse piena, la gente si ferma, ascolta, qualcuno sicuramente porta a casa l’insegnamento. Non dobbiamo guardare ai numeri, ma sperare e continuare perché i risultati aumentino giorno dopo giorno. Il libro aiuterà molto, perché è scritto anche da trapiantati; riguarda il dono, il fatto di avere l’organo di un’altra persona dentro di sè. C’è tanta gente che legge, che può capire cosa significa fare il paziente, o capire cosa significa non riuscire a respirare, noi abbiamo molta fiducia”.
Ad esempio cosa un paziente trapiantato fa fatica a comunicare? “Innanzitutto bisogna convincere le persone a donare, a far capire alla gente l’importanza della donazione. L’Italia non è messa malissimo fra gli stati europei grazie ai numeri del Nord, ma nel Sud c’è difficoltà. E poi si fa fatica a capire cosa è il trapianto: tecnicamente è una operazione difficilissima, bisogna essere forti sia prima che dopo, possono insorgere delle problematiche soprattutto il primo anno. Tutte queste sfumature, sia psicologiche che mediche, chi non le ha vissute da vicino fa fatica a capirle. Inoltre noi come trapiantati siamo soggetti fragili e questo la società lo deve capire; siamo immunodepressi e dunque negli ambienti di lavoro devono salvaguardarci, anche una influenza può crearci grossi problemi”. E poi aggiunge: “Per noi l‘ospedale è un ambiente pericoloso, ad esempio dovremmo avere la precedenza e non essere piazzati in sale d’aspetto piene di persone. Non tutti gli ospedali si rendono conto di questo, è questione di informazione”.
Quali progetti per la prossima edizione? “Sarà molto europea. Già quest’anno ci sono diversi loghi internazionali. E poi continueremo a lavorare insieme fra associazioni, potremmo dare vita ad una rete che sia attiva non solo in occasione della manifestazione ma che sia di aiuto ai pazienti durante tutto l’anno”.
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